Il seme che cresce

Accademia

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  1. Randez-vous
     
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    Era la resa dei conti. Questo Kuzan lo sapeva fin troppo bene. Seduto dietro al proprio banco che lo aveva visto studente per la maggior parte della sua vita restava con lo sguardo fisso verso la lavagna poco distante ad osservare la pietra verde che tante volte aveva graffiato con il gesso quando era stato interrogato, altre volte aveva semplicemente cancellato quello che c'era scritto sopra con la spugnetta lasciando il fantasma dei calcoli di altri ragazzini che come lui tentavano di imboccare un sentiero difficile e pericoloso come quello del ninja. La serie di banchi allineati a gradinata erano ripieni di suoi coetanei che aspettavano l'arrivo del Sensei intrattenendosi come potevano: alcuni parlavano, altri giocavano a battaglia navale, chi controllava il proprio arsenale - un kunai e quattro shuriken d'ordinanza che aveva anche lui - per saggiarne il filo ed il metallo, chi se ne stava zitto a ripassare sul quaderno, chi componeva alcuni sigilli con le mani per impastare il chakra, e tanto altro ancora.
    Lui invece era immerso con la testa fra le mani facendo strisciare i pollici sulle parti rasate della testa, una sensazione che gli piaceva e lo concentrava parecchio mentre lo sguardo si spostava verso le finestre alla sua sinistra. Erano finestre che facevano da muro e davano direttamente verso il cortile della scuola, poteva vedere i bambini più piccoli esercitarsi nel lancio delle armi o nelle dimostrazioni di sigilli manuali. Ogni Sensei controllava una scolaresca di una decina di bambini. Era inverno e tutti portavano il cappotto, non aveva ancora nevicato nel villaggio segreto della Foglia ma si aspettavano intemperie di ogni sorta. Le stagioni erano diventate biricchine, dicevano i saggi ed i vecchi; Kuzan non aveva mai capito a cosa si riferissero ogni volta, specie gli Anziani del Clan Senju a cui apparteneva per diritto di sangue sin dalla nascita.
    Alzò la testa e si guardò i palmi delle mani socchiudendo gli occhi, seguiva le linee impresse sulla carne, le sue impronte digitali come se lì avesse potuto trovare ogni sorta di risposta alla domanda che si era fatta più pressante giorno dopo giorno, insistente come un tamburo e che gli causava qualche notte insonne.
    Sarò mai un ninja?
    Non era una domanda da sottovalutare perché seppur era giunto a quel fatidico giorno, la possibilità di essere bocciato all'esame per passare da studente a Genin era comunque alta. Non amava particolarmente l'idea di fallire ad un test che a detta dei Ninja era il più semplice da affrontare, per Kuzan era "fallire in partenza" e non sarebbe stato perdonato facilmente dal Clan; aveva ricevuto parecchie sollecitazioni dai Senju per entrar a far parte dell'armata ninja il più presto possibile pressando i genitori del ragazzo con insistenza, aveva un grande dono che doveva essere - per forza di cose - messo al servizio dell'intera comunità, portando così ulteriore prestigio tra le fila di Konoha. Quello che il ragazzino non poteva certo immaginare era che spesso questa tipologia di pensiero era molto più egoista di quanto si dimostrasse all'inizio: avere un Senju come lui tra i ninja avrebbe certo portato prosperità al villaggio ma ancor di più al Clan stesso.
    Unì le due mani facendo toccare ogni dito con l'altro in un'immagine speculare dei due arti poi, con lentezza fece scivolare i polpastrelli della destra sulla sinistra ed incastrò ogni dito con l'altro chiudendo. Aveva unito entrambe le mani ed immediatamente un altro pensiero gravò sulle piccole spalle, tanto da fargli esulare un sospiro greve; in quel modo forse avrebbe potuto concentrare meglio il chakra per unire gli elementi. La verità era che Kuzan aveva davvero un dono, un dono raro che appariva di quando in quando nel Clan Senju: la capacità di mescolare il chakra elementale dell'acqua con il chakra elementale della terra per ottenere un elemento del tutto nuovo, non segnato neanche nel diagramma circolare dei cinque elementi. Acqua più terra poteva formare il Legno, un elemento raro che germogliava con forza. L'elemento della vita. Fu indirizzato subito a studiare quello che poteva comprendere d'anatomia e medicina, le basi che gli sarebbero servite; la sua era stata fino ad allora una vita di rinunce. Poco giocare, tanto lavorare.
    Sollevò il mento ed abbassò le mani rilasciandole dall'intreccio, gonfiò le guance e soffiò via l'aria a tratti intonando un motivetto che nel caos poté udire solo lui, forse qualcun altro ma non poneva molta attenzione ad essere poco rumoroso; non aveva voglia di essere furtivo, era una pressione mentale che avrebbe accentuato l'ansia già di per sé molto forte.
    Osservò l'orologio sopra la porta dell'aula fissandosi sulla lancetta dei secondi, ogni rintocco sembrava quello di una campana che suonava l'ora dell'esecuzione. Perché era così nervoso? Se avesse fallito avrebbe comunque potuto ritentare l'anno dopo, anche nella sua classe c'erano dei ripetenti. Però loro non erano del clan. Non del suo. Che avrebbero pensato i suoi genitori, che era un buono a nulla? E gli altri? E gli anziani? E l'HoKage? Perché c'era da dire che deludere come ninja era deludere l'HoKage, il ninja più forte di tutto il villaggio.
    Shouyou Kageyama. Non aveva un clan d'appartenenza eppure era riconosciuto da tutto il villaggio come il più forte, probabilmente anche il più saggio nonché Shodai HoKage. Era noto come una persona ligia al dovere e alla legge, attento soprattutto ai nuovi entrati nell'accademia. Avrebbe mai potuto deludere anche lui?
    Scosse con forza la testa e si batté due volte le mani in volto per concentrarsi, le mani calde contro le guance fredde avevano reso il gesto un po' più doloroso del normale, si sentiva prudere la carne e la pelle mentre gli occhi si fissavano sulla scrivania del Sensei che prima o poi sarebbe arrivato.
    Basta pensare! Adesso è il momento di concentrarsi! Appena arriverà il Sensei cominceranno gli esami e non posso, non posso fallire. Ne va della mia dignità, della dignità del clan e della dignità degli Shinobi!!
    Preso dall'ansia era diventato tutto ad un tratto drastico, considerando un possibile fallimento come la fine della sua possibile carriera ninja.
    Diventerò un ninja! Un ninja a tutti gli effetti, rispettato e forte quasi quanto l'HoKage! E diverrò medico, così nessuno dovrà più star male! Sarò un valido membro per ogni team che si formerà e dimosterò al mondo Ninja di che pasta è fatto Kuzan Senju!!
    Aveva il cuore che batteva a mille contro le costole, aveva paura che prima o poi si sarebbero spezzate o che sarebbe schizzato fuori dalla gola se non teneva bene la bocca chiusa, tremava appena e spostava di continuo lo sguardo dall'orologio alla porta d'entrata della classe.
    Era la resa dei conti.
     
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  2. GdR PNG
     
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    PNG: Taiga Hyuga
    Punti: Hikari Kamigawa

    Mi ero presentato in accademia per svolgere l'esame con largo anticipo, decisamente troppo per aspettarmi che qualcuno fosse già arrivato. L'aula era deserta ed io avevo quasi finito di preparare i documenti. La cattedra era coperta già da prima anche da altre scartoffie lasciate lì da qualcun altro: le avevo scansate da una parte accatastandole per poter gestire meglio lo spazio e lavorare più liberamente. La porta, poco aperta, si spalancò ed una dolce luce illuminò l'interno dell'aula, eliminando parte della rilassante penombra in cui mi piaceva lavorare: era la nuova segretaria dell'accademia, mia carissima amica ormai da molti anni.
    Buongiorno Taiga. Sei in anticipo anche oggi, andiamo a fare colazione, ti va?
    Mi voltai verso di lei e per via della luce che oscurava la sua figura riconobbi inizialmente soltanto la voce.
    Buongiorno a te. Ma sì, perché no. Offri tu no?
    Un piccolo sorriso scappò dal mio volto ancora non completamente privo di sonno. Avevo finito di preparare i documenti, così li impilai e li nascosi nel primo cassetto della cattedra, sicura che nessuno avrebbe avuto motivo di aprirlo. Raccolsi la borsa che avevo appoggiato a terra a fianco della sedia, poi mi alzai ed uscii dall'aula insieme a Tara. Usciti dall'ingresso principale, c'era un chiosco esattamente davanti ed era quello frequentato da chiunque frequentasse l'accademia o abitasse nei dintorni.
    Buongiorno. Vorrei un infuso di bacche e dei biscotti per favore. Tu cosa prendi, Taiga?
    Io che quella mattina non mi ero ancora svegliata del tutto, optai per qualcosa di più rinfrescante.
    Io un succo di frutta, grazie.
    L'uomo del chiosco non perse tempo: teneva già sul fuoco una pentola di medie dimensioni con dell'acqua all'interno, così ne prese un po' con una tazza; la appoggiò sul ripiano, in fondo al quale si trovavano varie ciotole di varie forme e colori. Ne aprì una ed infilò la mano all'interno, poi tirò fuori una manciata di bacche secche e le mise nella tazza, mescolando con un cucchiaio. Prese poi un cartone dal frigo accanto ed un bicchiere dal ripiano inferiore, poi versò al suo interno del succo di frutta fino ad un dito dal bordo. Infine con una mano prese la tazza con il cucchiaio ancora dentro, con l'altra il bicchere e li porse a noi poggiandoli sul bancone.
    Ecco a voi, i biscotti sono nella ciotola lì accanto. Servitevi pure.
    Tara cominciò ad immergere i biscotti nell'infuso ed a mangiarli; io bevvi inizialmente un piccolo sorso per abituare la bocca al sapore del succo di frutta, poi lo gustai e lentamente lo finii.
    Ora devo tornare in aula, sicuramente gli studenti sono già arrivati e mi stanno aspettando. Però la prossima volta ci rifaremo, promesso. Grazie!
    La donna sorrise ed annuì, così mi alzai e mi diressi in classe. La porta era aperta ed entrando vidi una ventina di studenti seduti al proprio banco, disposti in quattro file.
    Bene, ci sono tutti.
    Buongiorno ragazzi. Siete pronti per il test?
    I ragazzi sembravano piuttosto agitati e rumorosi, si calmarono un minimo soltanto all'udire la mia voce. Non era la prima volta che soprassedevo ad un esame, ma vedere i ragazzi così emozionati ogni volta mi strappava un piccolo sorriso.
    Poggiai la borsa di fianco alla cattedra, mi sedetti sulla sedia e poi aprii il cassetto nel quale avevo riposto i documenti. I primi della pila erano i test scritti: li presi con una mano e li porsi in avanti sul bordo della cattedra.
    Qualcuno li consegna per favore?
    CITAZIONE
    Tema: spiega cosa significa essere un ninja per te.
     
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  3. Randez-vous
     
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    Improvvisamente quasi fosse stata trasportato dal vento invernale Taiga Sensei entrò nella stanza, un brivido di freddo partì da tutto il corpo di Kuzan che si mise in automatico con la schiena dritta, il cuore fece una capriola all'interno della cassa toracica per fargli capire che il momento del giudizio stava per arrivare e che sarebbe stata proprio Taiga Hyuga a sostenere il suo esame. Si costrinse a sorridere mentre prendeva una nota mentale: chiudere sempre la porta.
    Fino a cinque minuti prima non desiderava altro, tutte le fibre del corpo erano concentrate nell'attendere l'arrivo della Sensei per poter affrontare l'esame che l'avrebbe portato a diventare un Genin della Foglia e quindi un valido soldato della nazione del Fuoco ma ora che la vedeva provava il sentimento contrario, era troppo presto e non si sentiva poi così pronto; un peso sullo stomaco gli ricordava che non poteva fallire, il suo intero corpo era contro di lui mentre la sua mente viaggiava alla velocità della luce, il suo chakra era praticamente in tumulto e fu sorpreso di non vederlo schizzare fuori come l'acqua di una fontana, voleva dire che un po' di autocontrollo lo possedeva comunque anche in una situazione come quella di profondo stress.
    Vedeva la camminata della Sensei a rallentatore, osservava i lunghi capelli scuri ondeggiare dietro la schiena ed accompagnarla in una camminata di assoluta tranquillità verso la cattedra. L'aveva vista così tante volte fare quei gesti che li conosceva a memoria: avrebbe tirato la sedia indietro per farsi posto ed occuparla, l'avrebbe spinta due volte di nuovo verso la cattedra per avere il piano della scrivania vicino abbastanza per non doversi curvare con la schiena se avesse dovuto scrivere qualche cosa, avrebbe sorriso augurando a tutti il buongiorno.
    A Kuzan piaceva parecchio la Jonin, molti erano intimiditi dal Clan Hyuga a causa dei loro occhi particolari, senza sclera, colore e pupilla ma per il giovane studente era motivo di estremo fascino. Erano una famiglia ninja molto importante quasi quanto il Clan Senju ed ottimi medici, la loro capacità innata riusciva in un qualche modo che lui non conosceva a vedere cose che poteva solo immaginare e che aveva studiato sui libri di medicina. Inoltre la Sensei era "caratteristica" nel suo kimono bianco, difficilmente la si poteva vedere vestita in altro modo conferendole un'aria di fascino e di carisma seconda a pochi altri Saggi e all'HoKage. Per qualche infinito e magnifico secondo il ragazzino si trovò a fantasticare sulla figura della donna e sentì i muscoli rilassarsi, aveva probabilmente una piccola cotta infantile nei suoi confronti, un segreto che si sarebbe portato volentieri nella tomba rimanendo in silenzio per sempre.
    La magia di quel momento idilliaco fu rotta dalle parole della Jonin che con il suo solito sorriso disse:
    Buongiorno ragazzi. Siete pronti per il test?
    No.
    Era una stretta di panico che si faceva strada dal profondo delle viscere fino alla gola, stringendogli le corde vocali per tirarle giù verso il centro del corpo, quei pochi peli che aveva nel corpo si intirizzirono all'improvviso come gli aculei di un riccio impaurito ed anche lui avrebbe dato qualsiasi cosa pur di potersi appallottolare su se stesso e fuggire via lontano; cominciava a sentire un improvviso caldo sulle orecchie, sul viso e sul collo diventando di un colore paonazzo. Si stava vergognando di sé stesso e della sua mancanza di coraggio, anche il pensiero che aveva formulato istintivamente nella testa lo stava massacrando psicologicamente: come aveva solamente osato pensare di non essere pronto per il test? Questo momento di debolezza non se lo sarebbe mai perdonato in tutta la vita, riprese la testa tra le mani e con i pollici riprese a massaggiare i lati del capo rasato cercando di trovare un momento di pace e serenità personale che gli serviva disperatamente.
    Non stava attento e non capì le parole della Sensei, sentì soltanto che qualcuno fece grattare le gambe della sedia per dirigersi verso la cattedra per poi camminare tra i banchi con un passo frettoloso accompagnato dal rumore di carta che viene spostata con poca grazia. La sua trance meditativa venne rotta proprio dalla visione di uno di questi fogli completamente bianchi con un'unica frase di pochissime righe, un tema personale dove si richiedeva di spiegare il significato dell'essere ninja.
    Sollevò gli occhi per guardare il compagno che se ne andava e subito dopo di nuovo alla Sensei che se ne stava ancora seduta dietro la cattedra, deglutì e trasse a se il foglio con un curioso quanto fastidioso intreccio allo stomaco che gli rendeva difficile respirare.
    Cosa significava essere un ninja per lui?
    Di solito Kuzan era uno di quei ragazzini che non erano spaventati dai tem, per quelli come lui i temi erano due o tre ore di estremo piacere dove poter lasciare la mente libera insieme alla mano e scrivere, scrivere quello che pensava. Era un momento di vera libertà, cosa rara dalla sua nascita ma ora quel titolo lo stava seriamente mettendo in difficoltà, essere ninja era un milione di cose differenti e nessuna allo stesso tempo e avrebbe dovuto dare un parere più personale possibile. Spostò lo sguardo verso la finestra mentre gli altri ragazzi probabilmente si immergevano velocemente nella redazione di quel compito; dei bambini lanciavano dei kunai ed il Sensei insegnava loro come fare, prendendosi cura di loro.
    Strinse gli occhi e continuò per qualche secondo a guardare la scena cercando di capire dove la sua mente ed il suo istinto lo stavano portando, rimase cinque minuti buoni ad osservare la lezione prima di trarre di nuovo il foglio a sé e cominciare a scrivere. Doveva cominciare con una frase ad effetto per poter prendere il lettore, farlo suo già dalla prima riga.
    CITAZIONE
    Tema: spiega cosa significa essere un ninja per te.

    Essere ninja non è solo saper lanciare un kunai.

    Rilesse la frase un paio di volte e dovette convenire che non era affatto male cominciare un tema così, in effetti un ninja non era davvero solo quello e lui lo sapeva come lo sapevano tutti i suoi compagni e la Sensei. Prese un respiro che gonfiò parte del piccolo corpo con quello che poteva essere coraggio, buttando fuori con un respiro un po' dell'ansia che si era portato dietro da giorni.

    CITAZIONE
    Essere ninja non è solo saper lanciare un kunai. O almeno non è solo quello, bisogna sicuramente sapere le basi per essere un buon ninja e lanciare un kunai viene insegnato appena si entra in accademia. Non è neppure sapere tanti jutsu quante sono le stelle in cielo o conoscere jutsu altamente distruttivi o proibiti.
    Essere un ninja significa sacrificio. Non è una di quelle decisioni che si dovrebbero prendere alla leggera, anche perché la verità è che non tutti possono essere ninja, non tutti sono in grado di poter utilizzare il chakra; chi ci riesce, chi ha questo particolare "dono" concesso da non si sa bene chi dovrebbe comunque pensare di entrare nell'esercito degli Shinobi. Perché i ninja possono fare quello che le persone non riuscirebbero neanche se impiegassero una vita di tentativi nel conseguire l'obbiettivo, è una cruda quanto triste verità eppure allo stesso tempo è un dettaglio fondamentale. La gente "normale" può costruirsi una vita senza avere il bisogno di preoccuparsi troppo delle conseguenze e delle condizioni di un villaggio, loro sono il villaggio semplicemente perché ci abitano ed è compito degli Shinobi e delle Kunoichi salvaguardare la popolazione dai mali, come guerre, nemici o cose ben peggiori di queste.
    Ed il Ninja? Il ninja ha il permesso di costruirsi una famiglia, di vivere una vita simile a quella di una persona comune ma è e sarà sempre solamente un paliativo, una maschera, un'ombra dove rifugiarsi dalle crudeltà che bisogna subire ed attuare.
    Allenamenti di ogni sorta, test attitudinali, esami: sono solo alcuni dei temi che un ninja deve affrontare durante la sua vita e poi per cosa? Per non essere ricordato.
    I ninja sono i "guerrieri ombra" nessuno conosce il loro nome, nessuno sa chi sono ma tutti sanno che esistono e che muoiono in missione per proteggerli, ma non c'è davvero nessuno che ricordi il volto di un ninja a parte qualche altro compagno, che deve comunque dimenticare il più presto possibile perché è comunque un peso da portarsi in missione. Anche il capo dei ninja e Primo Guardiano di ogni villaggio, il Kage è l'Ombra più importante e forte, tanto da guadagnare il nome della nazione insieme al titolo.
    Ma nonostante tutto questo sporco che c'è dietro, fare il ninja ha comunque un'importanza cruciale.
    Le buone azioni non si raccontano. Vivono nascosti ed immersi nella città per proteggere e difendere, per rendere la nostra vita migliore e per evitare che incorrino dei guai, si occupano dei mestieri più pericolosi, si prodigano - anima e corpo - nel perseguire l'obiettivo di far crescere e prosperare il villaggio.
    Un ninja protegge quella zona di terra che tutti, anche chi viene a cercare rifugio può chiamare Casa e le persone che ci abitano, che amano e che vivono.
    E' questo per me essere un ninja. Non conoscere tutti i jutsu del mondo, non saper lanciare un kunai ma proteggere quello che ci fa star bene tra una battaglia ed un'altra. A tutti i costi, anche per quelli che non lo possono fare.
    Questo è il mio Credo.

    Rilesse il tutto un paio di volte prima di lisciare il foglio con entrambe le mani, sembrava buono, aveva versato un pezzetto di anima in quelle scritte e più controllava e più si trovava d'accordo con sé stesso. Una sensazione piuttosto strana. Non consegnò subito il tema, voleva attendere che la Sensei decretasse la fine del tempo. Appoggiò di nuovo i gomiti sul banco, la testa tra le mani, penna in bocca e pollici a sfregare con delicatezza la parte rasata di capelli.
    Aveva dei dubbi sull'esecuzione del tema, aveva comunque la sgradevole sensazione di aver sbagliato qualche cosa e tentava di scacciare via il pensiero di aver fallito ancora prima di aver iniziato la seconda fase dell'esame.
     
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    Tra l'agitazione e la concentrazione, il test scritto procedeva liscio. Il tempo passava e fortunatamente non avevo motivo di controllare che gli studenti non copiassero in quanto non era di alcuna utilità in un tema scritto. Spesso gli studenti si fermavano per pensare: era un tema molto riflessivo e per dare una risposta veritiera e che rispecchiasse effettivamente ciò che si provava era necessario soffermarsi a ragionare spesso. Dopo un po' di tempo cominciai a sentire un languorino. Avevo con me qualcosa da mettere sotto i denti ma non mi sembrava affatto educato e rispettoso consumarlo davanti agli studenti mentre loro si impegnavano a scrivere. Attesi un po' e vidi che tre di loro erano fermi già da un po', così pensai che il tempo, sebbene non fosse ancora scaduto, fosse quasi sufficiente per il test scritto. Attesi qualche altro minuti per permettere agli altri di finire.
    Bene ragazzi, il tempo a vostra disposizione è scaduto. Scrivete il nome ed il cognome all'inizio e consegnate.
    Nell'aula regnava il silenzio e non dovetti neanche alzare la voce, ma non appena chiesi loro di consegnare il tema si sollevò un po' di chiacchiericcio generale per via dell'agitazione.
    Rimanete in silenzio! Su, consegnate i compiti.
     
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  5. Randez-vous
     
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    Osservava dall'alto del suo banco le teste chine sui fogli che aveva davanti, un mare di scatole craniche ripiene di ingegno che si stavano arrovellando per poter mettere su carta i loro più intimi pensieri e dare quindi una giustificazione più che plausibile ad un quesito fondamentale della vita per chi, come lui, aveva deciso di diventare un ninja.
    Perché?
    Questa domanda rimbombava anche nella testa di Kuzan che spostava con delicatezza l'attenzione da un compagno all'altro cercando di immaginarsi cosa avrebbero potuto scrivere, c'erano persone che volevano diventare ninja per il potere dello status che si guadagnava una volta fatta un po' di cariera, chi invece pensava che diventare ninja fosse l'unica soluzione plausibile data l'appartenenza ad un Clan possessore di un'innata. Come gli Uchiha. Anche lui aveva il medesimo destino, i Senju erano uno dei Clan e come tale sfornavano ninja a rotta di collo.
    Non era però tanto convinto che questa fosse la cosa giusta, mentre giocava con la matita sul banco attendendo la fine dell'esame scritto si ritrovò a pensare ad alcuni membri della sua famiglia che forse non erano tagliati per fare i ninja, almeno nella sua visione di tredicenne ancora studente; aveva sempre sospettato che ci fosse una pressione da parte degli Anziani e che la scelta spesso e volentieri non fosse del tutto "sincera". Era triste in un certo senso dover eseguire compiti che non si aveva né l'intenzione né la voglia di fare, difendere un'idea solo perché ti era stato imposto era sempre il modo migliore per creare malcontento e così possibili traditori.
    Peccava di inesperienza e tendeva sempre a fare pensieri più grandi del normale quel "ragazzino di legno".
    Il legno era praticamente una delle sue peculiarità e tornò a guardarsi le mani pensando come quel dono doveva sbocciare, come lui avrebbe deciso nella vita di farlo diventare un'arma d'attacco o uno scudo di difesa. Una decisione pesante come il mondo su delle spalle ancora troppo piccole. Chiuse gli occhi, strinse il setto nasale tra indice e pollice della mano destra e si immerse nel suo mondo di logica irrealtà per qualche secondo, respirando l'aria a denti stretti.
    Si immaginava ninja con il giubotto adosso, quello verde classico con la spirale dietro la schiena insieme ad altri ninja senza un vero e proprio volto, immagini di fantasia che però si accostavano bene vicino a lui e sopra, con il cappello ancora stretto tra le dita l'HoKage a guardare il villaggio. Era un pensiero tiepido che lo rilassava in un qualche modo.
    Bene ragazzi, il tempo a vostra disposizione è scaduto. Scrivete il nome ed il cognome all'inizio e consegnate.
    Spalancò le palpebre preso di nuovo da quella strana sensazione di irrequietezza, lo stomaco si ritrasformò in quella serpe contorta su sé stessa. Guardò la Sensei che - lo sapeva benissimo - era in grado di scoprire anche chi copiava nella classe opposta. Come facesse era per lui ancora un mistero, sapeva soltanto che nonostante gli occhi simili a quelli di un cieco era in grado di vedere molto bene.
    Rimanete in silenzio! Su, consegnate i compiti.
    Era una lenta processione che iniziò a stento, uno dei più coraggiosi si alzò facendosi avanti e Kuzan lo guardava come una vittima sacrificale selezionata per la salvezza di tutta la classe, in cuor suo faceva il tifo per quel ragazzo che aveva dimostrato di non aver paura di scendere in campo. Poi un secondo, una terza e così via, rimanendo zitti ed in fila per poter consegnare il foglio a Taiga Hyuga.
    Deglutì con forza e fece grattare la sedia indietro per potersi alzare, i muscoli delle gambe leggermente intorpiditi sembrarono gridare di felicità, finalmente si potevano muovere un po' da quella posizione contratta. Fece un paio di passi verso sinistra per mettersi in fila, gli altri studenti gli cedevano volentieri il passo e lui non recriminò quel comportamento: la paura era una cosa normale e saggia. Di certo non era un terrore o una paura angosciante ma era comunque la punta di quell'iceburg.
    Kuzan pensava che avere paura nella vita era fondamentale perché se non si aveva paura non si era vivi.
    Arrivò davanti alla Sensei dopo pochi minuti, non era proprio una sensazione facile quella che provava: era contento di averla così vicino ma allo stesso tempo era intimorito dalla presenza e dal ruolo che Taiga ricopriva in quello specifico frangente, un recesso della sua mente fece poi una capriola nel pensare che in un possibile futuro sarebbero diventati "colleghi". Lo rinfrancava e lo terrorizzava allo stesso tempo.
    Ecco, Taiga Sensei.
    Asciutto, veloce, pulito, preciso. Aveva una voce assolutamente normale, di un ragazzino che sta crescendo e che è udibile in tutti i ragazzini. Una volta consegnato virò veloce verso il suo banco, affondando il volto tra le mani e tentando di far calmare la serpe nello stomaco ed il cuore nella cassa toracica.
     
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    Davanti a me si formò una piccola e lenta fila per la consegna dei test scritti. I volti degli studenti apparivano a metà tra l'ansia e la rassegnazione e ciò non mi piaceva per niente.
    E' la prima classe che mi capita così moscia e spaventata. Cosa ci sarà mai di problematico in un esame così semplice?
    Raccolsi i fogli uno per volta e li impilai uno sopra all'altro sulla cattedra. Il tema era un tipo di test scritto la cui correzione richiedeva decisamente più tempo delle altre e non potevo chiaramente riuscire a terminare la lettura di tutti i temi e completare l'esame in mattinata. Non avevo comunque intenzione di perdere tempo e sapevo che i ragazzi non si sarebbero tranquillizzati finché non avrei comunicato loro l'esito, così decisi di correggerli tutti insieme e far tornare gli studenti nel primo pomeriggio.
    Bene ragazzi. Adesso ho bisogno di qualche ora per correggere i vostri temi: ci rivediamo nel primo pomeriggio.
    Congedai i ragazzi dandogli il tempo di mangiare e svagarsi un po' per allentare lo stress.

    Scrivi pure un post soltanto che occupa un paio d'ore, poi quando torni in accademia avrò finito di correggere i compiti.
     
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  7. Randez-vous
     
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    Non se lo aspettava a dire il vero, ebbe un moto di stupore vero e proprio quando Taiga Sensei decretò agli alunni di uscire e tornare nel primo pomeriggio. Doveva correggere i loro compiti, la risposta sarebbe stata dunque immediata o comunque molto più celere di quello che il giovane Kuzan si aspettava; stordito ed un po' titubante cominciò a raccogliere la roba che aveva sul banco, prese la cartella e gettò tutto dentro alla rinfusa come se fosse un normalissimo giorno, raccattò il bento preparato e si mise lo zaino in spalla lasciandolo ciondolare dietro la schiena nascondendo in parte il simbolo dei Senju stampato in giallo.
    Uscì lentamente, spintonato dagli altri compagni fino ad uscire dall'accademia, nonostante la giornata fosse fredda era comunque limpida, il cielo si mostrava in quel suo azzurro pastello senza neanche una nuvoletta a dar fastidio e perfino la nebbia mattutina si era sciolta ai deboli raggi solari invernali.
    Prese un respiro, l'animo in spalle insieme allo zaino ed un timido sorriso apparve su quelle labbra che da tutta la mattinata non avevano accennato a piegarsi in un gesto simile. Aveva un paio d'ore da poter trascorrere e mentre si incamminava nel bel mezzo del villaggio cominciò a pensare dove poter andare a riposare per un po' il proprio cervello e respirare.
    Il primo pensiero fu casa sua, nel quartiere Senju, opzione che scartò subito con la stessa velocità con cui si lancia uno shuriken: là non avrebbe avuto un momento solo di respiro, si immaginava già gli anziani che lo assalivano per sapere come era andato il compito, se era già un ninja o se era riuscito a sviluppare anche in minima parte i poteri della sua innata. Non aveva decisamente bisogno di altra pressione psicologica quindi quando passò davanti alle grandi porte in legno snobbò bellamente la strada, dedicò solo un saluto alle guardie che c'erano lì davanti e passò oltre.
    Camminava con il naso per aria osservando le persone che erano nei dintorni e così incrociò lo sguardo con il palazzo dell'HoKage. Si soffermò un attimo nel bel centro della strada, qualcuno lo urtò e lui si scusò per un milione di volte per tornare infine a guardare il "faro" che lo aveva attratto.
    Era in fondo il solito palazzo bianco e rosso a base circolare con il Mon "Fuoco" sul fronte del palazzo eppure, in quel preciso istante aveva un'aspetto diverso, si perse nelle fantasie di bambino che era: immaginò se stesso sopra alla balconata con le braccia incrociate e molto più grande di adesso, con un'armatura e - perché no? - un rotolo di sigilli dietro la schiena e le braccia incrociate; ai suoi fianchi schiere di ninja che non avevano un vero volto, non sapeva chi erano e di certo non erano i suoi compagni ma erano persone forti, tutti bravi in qualche cosa e sopra di loro l'immagine dell'HoKage che annuiva e li mandava a proteggere il villaggio a qualsiasi costo. Si immaginava Special Jonin.
    Fu poi un attimo di realtà quello che seguì, improvvisamente si rese conto che dietro al palazzo c'era il belvedere del villaggio e che in quel luogo c'erano parecchie panchine e poche persone. Eccitato all'idea partì correndo verso il monte con il volto dello Shodaime.
    Una volta giunto si mise tranquillamente seduto su di una panchina bianca e vuota, assolutamente anonima come tante altre. Posò lo zaino e prese il bento che aprì per poter mangiare, masticava con tutta la dovuta calma in fondo aveva ancora un'ora e mezza da passare quindi un'ora di puro e semplice relax. Guardava il villaggio dall'alto, poteva vedere il ristorante di Ramen, casa sua e vari distretti dei Clan come quello degli Akimichi o degli Aburame, in fondo in fondo vicino alle porte del villaggio si poteva intravedere la caserma della Polizia che solitamente era in mano agli Uchiha. Erano tante le persone che si prodigavano a proteggere e salvaguardare il villaggio e questo gli fece fare un altro sorriso, era un momento tanto gioioso ed infantile che cominciò a dondolare i piedi sotto la panchina.
    Ad un tratto si fermò e guardo le persone che passavano, era gente comune: coppiette, sposini freschi, bambini, anziani. Osservava ognuno di loro ma tutti gli altri non lo degnavano neanche di uno sguardo, tantomeno di un saluto. Abbassò il bento tanto da farlo appoggiare sulle ginocchia.
    Questa sarà la mia vita. Nessuna persona normale che ti guarda e ti sorride, niente ringraziamenti, niente saluti, niente lacrime. Loro passano e vivono felicemente, possono avere anche dei rapporti più profondi dei miei... però chissà come sarebbe essere normale? Mamma e papà si sono fatti convincere, quindi ho vissuto sempre come un ninja sin da piccolo.
    "Studia! Lavora! Allenati!" ... In effetti non è stato proprio semplice!! Ahahahah!!
    ...
    Ho dei ripensamenti?

    Masticava piano ed intanto si faceva un bell'esame di coscienza: aveva davveri dei rimpianti? Era sicuro di voler perseguire quella strada?
    Mmmh. Non saprei fare altro. E poi voglio fare il ninja. Arriverà il giorno in cui ripenserò a questo momento e ne riderò forte.
    Buono questo!
    ... Chissà se qualcuno di queste persone sono esaminatori, magari c'è qualcosa dietro, magari un esame ulteriore. Boh, non so. Me la sto prendendo troppo, o la va o la spacca! In fondo che ci perdo? E chissene se gli Anziani si arrabbiano, è la mia vita! Non la loro.

    Improvvisamente la maggior parte di tutta l'ansia e delle crisi si dissolse esattamente come la nebbia sotto il sole. Sorrise apertamente al mondo e al villaggio, mangiò di gusto tutto il pasto e rimase lì in silenzio a contemplare il luogo che lui poteva chiamare tranquillamente casa.
    Meglio tornare.
    Rimise tutto nello zaino e si incamminò di nuovo verso l'accademia, aveva l'anima molto più leggera di prima e se avesse avuto un ottimo controllo del proprio chakra e della propria innata avrebbe fatto fiorire qualche arbusto per colorare di più la città. Entrò nell'aula e sorrise apertamente all'insegnante.
    Buongiorno!!
    Improvvisamente il seme stava cominciando a germogliare. Scalò la gradinata silenziosamente, si mise seduto al proprio banco appoggiando lo zaino al fianco del mobile ed attese l'arrivo di tutti gli altri, era solamente ad un quarto d'ora d'anticipo, pochi minuti ed il tempo concesso da Taiga Sensei sarebbe sicuramente finito.
    Come sarebbe andato l'esame non era importante, l'importante era averci provato al massimo delle proprie capacità. Intrecciò le dita l'una con l'altra, appoggiò le labbra sugl'indici ed attese con animo mite e paziente.
     
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